giovedì 6 dicembre 2007

Videolettere, a che punto siamo?

pubblicato su InterMed - MediaEducation - anno 10, n. 1, aprile 2005

Quasi dieci anni fa, mentre ero alla ricerca di idee su come migliorare i brevi percorsi di introduzione ai linguaggi audiovisivi che assieme a Massimo Rossi guidavo all’istituto Pietro Scalcerle di Padova, mi capitò di leggere in un interessante manuale, scritto da due media educator newyorkesi(1), un capitolo dedicato alle videolettere.
Forse perché nella mia pratica di produttore mi ero trovato a realizzare video per rispondere alle più varie esigenze di comunicazione, forse per qualche reminiscenza di quel poco delle idee di Jean Cloutier(2) che la mia scarsa dimestichezza col francese mi aveva permesso a suo tempo di conoscere, mi apparvero subito chiare le potenzialità che la videolettera può avere come strumento di comunicazionein ambito scolastico.
È evidente infatti che attraverso un prodotto audiovisivo un gruppo scolastico (in genere una classe) può scambiare con uno, o meglio più gruppi partner, anche e soprattutto di lingue e culture diverse, informazioni sul proprio ambiente di vita, sulle proprie abitudini, aspirazioni, ambiente culturale, in modo molto più efficace che non attraverso uno scambio di e-mail. È altresì evidente che il percorso di produzione di una videolettera crea una potente sinergia tra l’obiettivo di comunicare con il gruppo partner e quello di acquisire competenze e abilità nella creazione e decodificazione di messaggi audiovisivi.
Nel 1998, con la collaborazione dell’Assessorato all’Educazione del Comune di Padova, ho avuto modo di realizzare per 5 classi dei percorsi di introduzione all’uso dei linguaggi audiovisivi centrati sulla realizzazione di una videolettera e nell’ottobre del 2002, avendo nel frattempo condotto qualche altra esperienza di questo tipo, ho messo in rete il sito www.videoletter.org, dove cerco di incoraggiare gli insegnanti ad intraprendere questo genere di esperienza, delineandone le caratteristiche fondamentali e (nella sezione “ produrre una videolettera”) le possibili modalità di realizzazione.
In estrema sintesi, per chi non ha tempo di andare a vedere il sito, dico che una struttura particolarmente funzionale per una videolettera è probabilmente quella del programma contenitore durante il quale uno o più presentatori annunciano e presentano contributi della durata di due/quattro minuti, ognuno progettato, girato e montato da un gruppo di 3/5 studenti.
In questa sede, invece, vorrei cercare di ragionare sulle difficoltà che questo tipo di esperienza incontra e sulle possibili strategie per superarle.
Bisogna partire da un dato poco incoraggiante: se oggi effettuiamo una ricerca su Google usando come parole chiave videolettera e scuola ci vengono indicati 46 siti dai quali, dopo una vagliatura abbastanza accurata, si ricava notizia di non più di 4 o 5 videolettere effettivamente realizzate in ambito scolastico dal 1998 ad oggi. Poche, se si pensa che ai vari concorsi di video per le scuole che ci sono in Italia arrivano ogni anno diverse centinaia di prodotti.
Ripetendo la ricerca con i termini inglesi, il risultato non è più confortante, anche se si ricava l’impressione (non verificabile per chi, come me, non conosce quelle lingue) che nei Paesi dell’estremo oriente questo mezzo di comunicazione sia più utilizzato.
La domanda che mi pongo è quindi: come mai uno strumento così potente e “bello” come la videolettera non viene adeguatamente sfruttato?
Vi sono senz’altro delle difficoltà di tipo organizzativo, dovute al fatto che una videolettera, per poter rappresentare effettivamente l’inizio di un rapporto di comunicazione tra due classi, deve essere prodotta e fatta pervenire ai partner al massimo entro il mese di marzo, ragion per cui tutte le fasi (approvazione e finanziamento del progetto da un lato, e di ricerca ed accordo con i partner dall’altro) devono essere completate entro dicembre.
La cosa come si sa non è sempre facile, soprattutto quando si dipende per i finanziamenti da fonti esterne alla scuola (e questo nonostante non sia difficile far comprendere all’ente locale il valore di tal genere di iniziativa). Molto più semplice è, invece, far comunicare le classi tramite videolettere nell’ambito di un progetto di collaborazione già avviato, o quando nelle scuole coinvolte già esiste una prassi di produzione di audiovisivi.
Un’altra difficoltà con cui si deve confrontare chi conduce il percorso di produzione della videolettera - sia egli un insegnante con qualche esperienza nella produzione di audiovisivi o un esperto esterno - sta nella mancanza di adeguati modelli di riferimento.
In nessuno dei prodotti audiovisivi che siamo normalmente abituati a considerare i produttori si rivolgono direttamente al pubblico per parlare di se stessi. Inoltre in nessuno dei “normali” prodotti audiovisivi il rapporto tra produttore e fruitore è interscambiabile e paritario. Per fare un paragone, potremmo dire che la videolettera sta agli altri prodotti audiovisivi come una telefonata sta a un intervento davanti ai microfoni di un’assemblea, oppure come una lettera sta ad un libro: i registri della comunicazione sono chiaramente diversi.
Mentre nella maggior parte delle produzioni audiovisive, anche a livello scolastico, agli “attori” si richiede di rappresentare qualcosa, e contemporaneamente di adeguarsi agli schemi comunicativi predominanti per quel particolare mezzo in quel particolare momento storico, nella videolettera i ragazzi dovrebbero semplicemente presentarsi ai loro partner così come sono.
La cosa non è affatto semplice, sia a livello di decisione e scrittura dei contenuti da comunicare, sia in fase di registrazione, in quanto è molto difficile liberarsi dai modelli che quotidianamente assorbiamo attraverso la TV nel momento in cui ci troviamo a scrivere una scaletta o a scegliere l’inquadratura migliore - operazioni comunque indispensabili per garantire la congruità e la chiarezza del messaggio.
Sintantoché non si saranno sedimentate prassi comunicative adeguate ad una comunicazione audiovisiva “da pari a pari” (che difficilmente potranno essere progettate a tavolino, ma più facilmente scaturiranno dalla pratica), una soluzione efficace potrebbe essere quella di praticare consapevolmente due livelli di comunicazione, dichiarando esplicitamente ai partner: «Vi mandiamo questo film che abbiamo fatto per voi» magari girando contemporaneamente al “film” (che sia il documentario sul quartiere o sulla scuola, sulla storia della città o sugli sport praticati dai ragazzi non importa) il suo back-stage.
Non credo comunque che si possa imputare alla mancanza di modelli ottimali il fatto che, come quantità di esperienze, ci troviamo praticamente all’anno zero delle videolettere; penso che, oltre alle difficoltà organizzative a cui accennavo prima, la responsabilità si possa più verosimilmente attribuire al bassissimo livello di alfabetizzazione audiovisiva della scuola (non solo italiana) e alla mancanza di una casistica diffusa, per cui semplicemente accade che a poche persone viene ora in mente di utilizzare il video come mezzo di comunicazione tra le classi.
Sono anche convinto, però, che l’inevitabile diffusione della comunicazione audiovisiva personale (videofonini, webcam, gestione e scambio di filmati via computer) arriverà comunque a portare nella scuola l’uso del mezzo audiovisivo nei programmi di scambio con scuole di altri Paesi e località.
È auspicabile che la comunità dei media educators partecipi attivamente a questo processo, proponendo e, soprattutto, sperimentando modelli e processi produttivi per le videolettere, in modo da far maturare rapidamente quello che sembra poter essere un ottimo strumento per sviluppare la conoscenza e l’amicizia tra giovani di culture e condizioni diverse.


(1) BETSY NEWMAN, JOSEPH MARA, Reading, Writing & TV: A Video Handbook
for Teachers, Highsmith Co., November 1995.
(2) CLOUTIER JEAN, L’ere d’Emerec ou la communication audio-scriptovisuelle
à l’heure des self media, Les Presses de l’Université de Montreal, 1975

sabato 30 giugno 2007

Un tally "manuale" per la "diretta TV" a scuola



La comunicazione tra i vari membri di una squadra di ripresa è l'elemento chiave della diretta televisiva.

Il Tally è il dispositivo che fa accendere la lucina rossa sulla telecamera, il cui scopo è avvisare tutti coloro che sono sul set, in particolare gli attori e il cameraman, che quella macchina è "in onda".

Alcuni mixer di fascia economica non sono dotati di questa fondamentale funzione, che tuttavia può essere realizzata con un dispositivo estremamente economico efacile da costruire per chi abbia un minimo di manualità.

La barretta metallica A posata in una delle quattro posizioni possibili fa sì che sulla corrispondente presa RCA B sia presente una tensione di 3 volt fornita dalle due pile. I led ad elevata luminosità C sono montati su uno spinotto RCA femmina .

i Led C vanno fissati sulle telecamere ( ad esempio con un pezzetto di velcro ) e collegati alle prese B con un normale cavo coassiale . Si può usare un cavo doppio che conduce da una parte il segnale video e dall'altra il tally.

Ovviamente è compito dell'addetto al mixer o di un suo aiutante posizionare la barretta A in corrispondenza della telecamera in onda.

(Il prototipo della foto è stato realizzato da me nel 1998 in base ad una mia idea originale e non è stato mai brevettato)

lunedì 25 giugno 2007

Il video dello spettacolo teatrale, un'occasione per fare "diretta TV " a scuola

Per il mestiere che faccio mi è capitato spesso, in genere a Giugno, come quest'anno, di ritrovarmi dietro una telecamera o a un mixer video per registrare una recita scolastica. Mi trovo quindi a fare tra me e me sempre le stesse considerazioni. Stavolta, grazie i potenti mezzi della rete :-) provo a condividerle. Come mia abitudine cerco di essere sintetico, anche perchè il blog ci dà la possibilità di approfondire.

In genere tutti ( attori, insegnanti, genitori... ) sono interessati al risultato e aspettano con ansia la cassetta, o, da un paio di anni, il DVD, ma quasi nessuno si è mai reso conto che la registrazione in sè può rappresentare un'eccellente occasione di "TV scolastica", altrettanto formativa, per i ragazzi che vi partecipano, di quanto lo è la recita per gli attori.

Sto parlando, per intenderci, di una squadra di registrazione "scolastica" che utilizzi la tecnica della "diretta TV" impegnando 3 cameraman, 3 assistenti, un addetto al mixer audio, uno al mixer video, un regista e un aiuto regista.
L'impegno, la concentrazione, il livello di collaborazione di un'attività come questa sono paragonabili a quelli di una partita di pallavolo.

Il riferimento alla pallavolo non è casuale, in quanto sotto molti aspetti la ripresa con la tecnica della "diretta TV" ( più telecamere collegate a un mixer) sta alla ripresa con una telecamera come una partita di pallavolo sta agli esercizi di corpo libero.

E' un lavoro, parlo per esperienza diretta, che ragazzi della terza superiore con un minimo di addestramento sono tranquillamente in grado di svolgere . ( Anche bambini di quinta elementare sono in grado di gestire una semplice regia video, ma nel caso specifico è difficile
pensare che possano mantenere la necessaria concentrazione per tutta la durata di uno spettacolo )

E' anche chiaro che non è un lavoro che si può improvvisare, vi sono tutta una serie di tecniche e accorgimenti che bisogna conoscere e che si possono apprendere solo per esperienza diretta, ma sono convinto che insegnanti motivati, che già abbiano già preso in mano una videocamera, possano apprendere tutto ciò che è necessario in un corso di dieci / quindici ore. ( all'argomento ho comunque dedicato un capitolo del manualetto "Fare audiovisivo nelle scuole " )

Ovviamente servono delle attrezzature. Il cuore del sistema è il mixer video, una macchina che oggigiorno costa dagli 800 euro in su. Servono poi almeno tre videocamere con stativo, che però in una maniera o nell'altra si possono recuperare, un paio di televisori e mixer audio e microfoni, che in genere a scuola ci sono, e qualcosa per registrare il programma, che può essere un VHS o un computer dotato di scheda di acquisizione video/analogica.

"... si... interessante e simpatico..." starete pensando in questo momento, "...ma perchè mai la scuola dovrebbe prendersi l'onere economico e organizzativo di fare una cosa del genere?"

La risposta è semplice: ormai la trasmissione culturale passa in buona parte attraverso l'audiovisivo.
La scuola semplicemente non può più permettersi di ignorare questa categoria di linguaggi o di trattarli come un oggetto di studio teorico, dal momento che ormai quasi tutti, nella nostra società, siamo potenziali produttori di messaggi audiovisivi.
E praticare un linguaggio è certo il modo migliore, se non l'unico, in realtà, per appropriarsene.

La ripresa dello spettacolo teatrale è stata una delle esperienze fondanti per la cultura televisiva ( basti pensare alle commedie di Eduardo, Govi e Baseggio mandate in onda dalla RAI a partire dall'inizio delle trasmissioni, nel 1954 ) in quanto ha permesso di trasferire nel nuovo linguaggio tutta l'esperienza di almeno 500 anni di tradizione teatrale.

Per questo, secondo me, vale la pena ripetere lo stesso percorso anche a scuola.

progetto in Mozambico

segnalo questa iniziativa che vede impegnato l' amico fotografo Francesco Fantini: assieme all' associazione ASEM organizza da metà Luglio un corso di fotoreportage sul campo per documentare la realtà dei bambini strada del Mozambico, assieme ai quali ASEM lavora da anni, con vari progetti di solidarietà e di recupero.
www.asemitalia.org/PGEventi/ImmaginiAMO/ImmaginiAMO.htm